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Visualizzazione dei post da aprile, 2015

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Sono qui di passaggio. Forse ho ancora qualche minuto prima di uscire e raccontarvi tutto. Allora con ragazzotreno  ci stiamo vedendo, sia in facoltà sia sul treno. Lui è molto tenero con me ma sono cosciente che la sua dolcezza potrebbe essere un escamotage per portarmi a letto. Ecco, sì, parliamoci chiaro. Questo gioco è bello, i nostri corpi parlano prima dei nostri cervelli, ed è bellissimo sentire dopo tanto tempo che ci sono bozzoli di farfalle che rumoreggiano nello stomaco. Ma questo gioco è anche pericoloso, perchè io non sono abituata a ricevere tante attenzioni e poi vedermele tolte in due nanosecondi. E con ragazzotreno è così. Non mi cerca, ma quando ci vediamo mi salta addosso e devo tenerlo a debita distanza con la mia freddezza. In tutto questo mi sento una 15enne in preda all'ormone frivolo. Non so dove mi porterà tutto questo, ma non riesco a privarmi dei suoi abbracci, dei suoi baci sul collo, delle sue mani intrecciate alle mie, dei suoi occhi ch

Come in un film [pt.2]

Dai commenti dell'ultimo post deduco che la storia tra me e il ragazzotreno  [nome con il quale l'ho memorizzato sul mio telefono] ha suscitato particolare interesse. Ebbene sì, dopo dieci minuti in cui ho pensato, o meglio farfugliato, cosa scrivergli, mi sono decisa a farlo. Abbiamo cominciato a scriverci, prima con sms che fanno molto anni duemila, poi su whatsapp. Questo dalle 17.30 circa fino alle 00.30, con un intervallo di un paio di ore. Il ragazzotreno  è uno studente di 22 anni, alto quasi due metri, fisico da urlo, bagnino e pallavolista. Un figo senza altro da aggiungere. Io sono un tappo che si diletta a fare sport e che il fisico da urlo se lo sogna. Ah, e ho 29 anni. E sono la collaboratrice di un suo professore. Dettagli?! A parte questi limiti, il giorno dopo io e il ragazzotreno (so come si chiama, e ha un nome bellissimo) ci siamo presi un caffè alle macchinette. Poi è andato a lezione, io sono tornata al mio lavoro e dopo aver finito sono c

Come in un film.

Martedì pomeriggio.  Esco dal lavoro al solito orario. Corro per prendere l'autobus e mi accorgo che alla fermata c'è un tipo con il quale ci eravamo scambiati intense occhiate una decina di giorni prima in treno. Lo riconosco subito, ma faccio finta di nulla. Saliamo sull'autobus. Io avanti, lui dietro con due suoi amici. Arriviamo in stazione e ci ritroviamo nello stesso vagone, uno di fronte all'altro ma un po' distanti. Sguardi su sguardi.  Alcuni insistenti, altri invadenti, altri ancora piacevoli (e forse anche troppo imbarazzanti). Ma non ci stacchiamo gli occhi di dosso.  Ad un certo punto lui prende un foglio, ci stacca un pezzettino e scrive qualcosa. Continuo a guardarlo. Il treno si ferma, lui attraversa tutto il vagone per arrivare da me e lasciarmi questo fogliettino di carta. Dentro il suo numero. A volte mi sento davvero come in un film.

[Eravamo così soli, di quella solitudine che germoglia disastri]*

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Sono appena tornata da un weekend intenso passato tra Pisa, Firenze e Lucca.  Non ho la forza fisica di scrivere, né tanto meno di pensare, ma il magone che si è posizionato all'altezza dello stomaco mi obbliga, prepotente, a sviscerarlo e raccontarlo. A Firenze ci sono finita per la mostra multimediale di Van Gogh, mentre a Pisa mi sono fermata per dormirci. Non ho scelto un albergo, ma un letto comodo che già conoscevo e che, in un certo senso, era a me già familiare: quello di testadic .  Adesso potete capire benissimo perché ho questo groviglio nello stomaco che mi spinge a scrivere.  Pensavo che entrambi ci fossimo messi il cuore in pace - e non solo - quando a dicembre siamo usciti per l'ultima volta insieme da semplici amici.  E invece forse mi sbagliavo. Forse ho sottovalutato qualcosa, se poi con molta tranquillità siamo finiti a letto insieme senza che nessuno dei due l'avesse programmato.  Non c'è niente di male nel fare l'