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Books read in 2016.

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Di questo 2016 ho amato soprattutto i libri che ho letto. De Silva e Gamberale sono stati i miei autori preferiti, ma sono stata catturata anche dall'amore ironico di Catalano e dal romanzo di formazione di Marco Missiroli (Atti osceni in luogo privato), che qui in foto manca. Dei libri che mi hanno strappato un sorriso e che allo stesso tempo mi hanno fatto riflettere tantissimo.  Non ho ancora fatto una lista di libri da leggere per il prossimo anno, ma sul comodino ci sono Le ragazze di Emma Cline e la biografia di Marina Abramovic.  Poi mi piacerebbe dedicarmi alla letteratura giapponese con Murakami e Banana Yoshimoto. Vedremo. E voi cosa avete letto in quest'anno?

La torretta.

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Ci sono dei posti, più dell'anima che di altri luoghi, che riescono a conciliarti con te stesso. Una specie di assoluzione senza peccati e senza preti. Avvolta nella misericordia del dio delle piccole cose. Dove il rumore delle onde e il sole caldo fanno da cornice. Sono i posti in cui mi piace andare, dove ci passerei le ore, rischiando persino di perdermi proprio con l'intento di trovarmi. Per me questo posto è una torre che affaccia sul mare, si trova proprio sull'ultima spiaggia, quella che segna poi la fine della litoranea del mio ameno paesello. E' un posto a cui mi sono affezionata negli ultimi anni, quando ho scoperto che di lì si vedono dei tramonti spettacolari e che molto spesso puoi goderti la vastità del mare in totale solitudine. E' il posto dove spesso mi rifugio per riflettere, per buttare giù qualche riga, per fare qualche foto, per parlare con me stessa (sì, nei momenti di pazzia faccio anche questo), ma soprattutto per ascoltarmi

Prima o poi.

La vita mi ha messo a dura prova in questo ultimo periodo. In realtà continua a farlo. La guardo in faccia, la osservo con attenzione e con aria di sfida le faccio capire che ci sono e che io sono più forte di lei. Forse è cominciato tutto da quest'estate, quando ho disconnesso i neuroni prima e il cuore dopo, per E. Volevo lasciarmi andare. Ma con scarsi risultati. Per l'ennesima volta ho sbagliato persona. Sì, mi assumo tutte le responsabilità di questa scelta. Che a dire quanto sono stronzi gli uomini siamo brave tutte. Ma dire quanto siamo stupide noi è un po' più difficile. Ho pensato, sbagliando, che il tempo potesse far evolvere le cose. Che la vita mi avrebbe dato una possibilità. Quella di ricredermi. Quella di crederci. Per davvero. Non è stato così. Ho faticato, tanto. Non ho dormito. Ho cercato mille modi per distrarmi. Per portare il mio corpo, e la mia mente, lontani. Weekend, fiumi di alcool, sole, viaggi, immersioni nei libri e a lavoro. Niente.

Ciao sono Michi Volo.

Ciao, sono Michi Volo e un tempo avevo questo blog. Mi piaceva scrivere e qui sopra ci passavo le ore, tirando fuori dalla mia pancia, ma anche dalla mia amigdala, tutto quello che mi attraversava. Poi che cosa è successo non lo so. Un po' il tempo. Un po' la voglia. Un po' la vita. E ho cominciato a scrivere meno. Anche se i pensieri non mi hanno mai abbandonato. E lo stomaco ha continuato a fare i suoi giochi di contrazione. Ritorno, datemi solo un po' di tempo. Perché la mia testa non fa altro che viaggiare ed è giusto che io vi racconti un po' dei suoi viaggi. PS. Questo post è stato scritto dopo aver letto il commento di Magnolia al post precedente. Mi sono sentita in dovere di passare per un saluto. Un abbraccio a tutti voi!

La mia malinconia è tutta colpa tua.

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Che io abbia un problema con i cambi di stagione ormai è un dato di fatto. E di fatto, nei mesi di transizione come settembre, ma anche aprile, io e un mocio vileda abbiamo più o meno lo stesso aspetto. E direi anche lo stesso destino. Ora, non chiedetemi perché a me sia venuta in mente questa immagine. Sarà per via dei capelli che in questi mesi si sono letteralmente bruciati al sole che mi danno questo aspetto. Anyway. Sto male. Non sopporto questo settembre del cazzo che sembrava cominciare con le migliori intenzioni del mondo e che invece si è rivelato un mese decisamente NO. Mi salva solo l'idea che tra qualche giorno dovrò partire e tornare in Italia quando ormai sarà ottobre. Anzi a dir la verità non mi salva neanche questa idea, perché se penso che potrei tornare con un clima decisamente più autunnale, i magoni aumentano. Ma so benissimo che non è solo questo. Settembre che scivola via, insieme agli ultimi strascichi estivi, si sta portando tutto quello che ques

Quando arriva Settembre

Quando cominci a desiderare settembre, pur avendo l'estate nel cuore, significa che stai diventando grande. Ho sempre avuto sentimenti contrastanti nei confronti di questo mese. Da un lato, ne sono affascinata per il richiamo all'ordine e alla manutenzione dell'anima, favorita dai buoni propositi da stilare, dall'altro nutro un forte odio per settembre che riporta tutto alla tranquillità, alla routine e alle cose di sempre, spegnendo i fuochi folli dell'estate. Ma, mai come quest'anno, desidero che questo mese arrivi presto. 1.Sarò fuori per lavoro: Urbino, prima, Gerusalemme, poi, mi aspettano. E tra le due mete, potete immaginare quale sia la più ambita. Saranno queste, per quanto sarà possibile, le mie vacanze. 2.Ho bisogno di ritrovare la mia dimensione giornaliera. Il treno, gli amici pendolari, la musica nelle orecchie, le conversazioni con gli sconosciuti, il caffè alla macchinetta con la collega, i libri, la palestra, il cinema, le serate in ca

Giornata amarcord.

Da un po' di tempo, FB utilizza un modo carino per ricordarti i post datati negli anni precedenti con l'app Accadde oggi .  Devo dire che grazie a questa app mi sto rendendo conto di quanto negli anni sia passata dalla superficialità più becera a momenti di esibizionismo cosmico, passando per contenuti più o meno seri. La cosa mi diverte, ma allo stesso tempo mi fa riflettere tantissimo su come il modo di usare il social sia cambiato negli anni, non solo da parte mia. Così stamattina, come ogni mattina, all'accesso FB mi ha proposto una foto di un anno fa. Ero a Dublino, che mi accoglieva con il suo cielo plumbeo e quella pioggia tipica dei paesi anglosassoni.  Ero al mio primo giorno di una vacanza organizzata in poco tempo e che prevedeva una sosta di qualche giorno in due capitali europee dove avrei passato il novanta per cento del tempo da sola. Ero felice perché stavo mettendo ordine -per l'ennesima volta- alla mia vita. Ero lontana da me, eppure allo

Tema: la mia prima settimana di ferie.

Ho passato la mia prima settimana di ferie in un clima di disperazione misto a voglia di suicidio.  Ho provato a fermarmi, a fare le cose con calma.  Risultato? Ho sfiorato la depressione almeno 10 volte al giorno.  Non sono abituata a stare in modalità offline. Ma evidentemente il mio corpo ne aveva bisogno.  Ho dormito tanto, consumato le lenzuola, adagiato le mie ossa su qualsiasi oggetto che prevedesse una posizione orizzontale.  Poco mare. E poche uscite. Vita sociale pari a zero. Non ne avevo tantissima voglia.  La verità è che, dopo il weekend scorso, dove mi sono ritrovata l'innominato , sulla stessa spiaggia in Salento, e dopo esserci ignorati a sufficienza, io sono ritornata con una tristezza immane che ho fatto fatica a togliermi di dosso.  Non pensavo che un saputello cafone potesse condizionare a tal punto la mia vita e il mio umore. Poi sono rinsavita.  Ho un mese di ferie e non posso mica passarmelo così. Mi son detta.  Mi dispiace solo di non es

C'è un tempo, nella vita, in cui bisognerebbe fermasi un attimo.

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C'è un tempo, nella vita, in cui bisognerebbe fermasi un attimo. Lasciare andare tutto. Spogliarsi. Rimanere con se stessi. Anche se ci farai a cazzotti. Ti maledirai, forse ti benedirai. Dirai, in ogni caso, qualcosa di te. Ti racconterai, forse ti scoprirai. Ma dovrai fermarti. Condicio sine qua non. Non riesco a fermarmi. Corro veloce. Fuggo. Da cosa non lo so. So solo che un moto perpetuo governa i miei stati d'animo. Vorrei fermarmi. Rimanere. Stare. Ci provo. Costantemente. Adesso sta diventando un imperativo. Cercherò con le ferie di staccare sul serio da tutto. Non sono felice, ma non so cosa mi rende tale. Non riesco a capire cosa mi manca quando, apparentemente, credo di avere tutto. Non riesco a capire cosa non va quando, apparentemente, credo che vada tutto bene. E' un continuo collezionare di non so . Non so come si fa a rilassarsi un attimo. Non so non pensare al futuro, a cosa sarà di me tra un anno. A come andrà questa mia vita, che si consuma t

Stiamo vicini, amici pendolari e non.

Pensi che non possa succedere a te. A te che prendi il treno ogni giorno alla stessa ora. A te, pendolare seriale, maniaco nella scelta della carrozza. Che è sempre la stessa. Perché è quella dove incontrerai gli altri pendolari seriali come te, con i quali ti fermerai a parlare, a raccontare la tua giornata lavorativa, i tuoi problemi, le tue felicità momentanee. Magari con qualcuno ci flirterai pure. Poi uno scontro. Bam. E sei finito. Rosso e nero. Non capisci più niente. Chi sei. Dove ti trovi. Cosa sta succedendo. Le voci, le urla, il sole che brucia la pelle e le ferite che ti ritrovi addosso. Piangi. E preghi Dio che qualcuno ti venga a tirar fuori da lì. Pensi che non possa succedere a te. E infatti non è successo a me.  A me che quella linea non la prendo.  A me che oggi sono andata in macchina a lavoro.  Però. Però è come se su quel treno ci fossi salita anche io. Perché la voce mi trema. Così come le mani. Perché la disperazione e la paura si sono affacciate in

Come si fa?

Pennac diceva che il tempo per leggere, come quello per amare, dilata il tempo per vivere. Riformulerei la frase asserendo che il tempo per scrivere dilata quello per vivere. Perché scrivere è come vivere due volte quello che ci accade. Nell'ultimo post mi portavo dentro un magone grande quanto una casa sul petto. Ho pianto come forse non succedeva da un po'. Non riuscivo a trovare pace e più cercavo di calmarmi, più mi tormentavo. Inutile dirvi che tutto questo frullare interiore era dovuto ad un uomo. Uno sconosciuto. L'ennesimo entrato nella mia vita. Forse per sbaglio, forse perché doveva andare così. Quest'uomo esiste ancora. Ci vediamo. Ci sentiamo. Quando stiamo insieme stiamo bene. Niente di più. Niente di meno. Un giorno siamo due estranei. Il giorno dopo ancora. E poi i migliori amanti che si possano conoscere. Nel frattempo io mi chiedo se tutto questo può bastarmi. Se può andarmi bene. E mi tormento. Qualcuno mi ha detto che dovrei ferma

Una pallina nella pancia.

Chi ha letto l'ultimo libro della Gamberale - Adesso - sa bene che c'è un fil rouge che ricorre in tutto il romanzo. E' questa pallina nella pancia che scuote le anime dei personaggi. E' questo adesso imperativo che muove le trame esistenziali di Lidia e Pietro.  Leggetelo, se non l'avete ancora fatto. Io l'ho fatto ormai da un bel po', ma ogni tanto mi piace pensare a quell'  adesso . Alla mia pallina nella pancia.  Pensavo che riprendermi da F. non sarebbe stato facile. In fondo, si sa, che quando viviamo qualcosa di bello è poi difficile lasciarlo andare. Ma ho avuto degli anticorpi piuttosto aggressivi che hanno attivato subito le risposte immunitarie necessarie per dimenticare.  Del resto, non potevo fare altro. La distanza non era dalla mia parte. E probabilmente, anzi sicuramente, quello che avevamo vissuto non era stato poi così forte da renderci invincibili. Così sono ritornata alla mia solitudine, ai miei pensieri, al mio lavoro,

Non avere un titolo per i pensieri del sabato pomeriggio.

Ho capito che posso dimenticare in fretta. Che questa razionalità non mi piace. Ma mi serve. Mi aiuta. Ho messo da parte tutte le emozioni vissute con F. Non so neanche io come ho fatto a dimenticare la tempesta del mio stomaco che mi tormentava quando sono tornata da Lisbona. Però dovevo sopravvivere. E non con le sue non risposte. E così ho fatto da me, come sempre. Mi sono affidata a quei due-tre neuroni che mi sono rimasti. Ci sentiamo, certo. Ma non andiamo da nessuna parte insieme. Ci illudiamo che un telefono possa annullare le distanze e che poche parole possano farci sentire vicini. Ci illudiamo. Però io vado avanti. Faccio la mia vita. E lascio che altri si affaccino sulla mia strada. Non è bello chiudere così di botto in una scatola certe emozioni. E io mi sono accorta che, ormai, certi gesti mi vengono in automatico. Ripeto: non è bello. Perché quando diventi un automa in grado di gestire con perfezione le tue emozioni allora vuol dire che c'è qualcosa che non

Ancora con una valigia in mano.

Riparto. Vado a Firenze. A meno di un mese da quello che è stato uno dei più bei viaggi che ho fatto. Ripenso spesso a Lisbona. In un periodo in cui dovrei pensare ad altro. Dimenticherò anche lei e tutti gli effetti collaterali. Nel frattempo stacco dal mondo con un'ennesima fuga. Mi vado a prendere una boccata di ossigeno lontano da un quotidiano che mi sta spegnendo giorno dopo giorno.

Non scrivo da 18 giorni e.

Non scrivo da 18 giorni. Che a me sembrano una vita se penso a tutto quello che è successo nel mentre. Rileggo che ero felice. Sì, lo ero. Perché ero tornata da Lisbona, avevo conosciuto F e il mio cuore era un tantino più leggero. Ma poi è subentrato il tormento. Quel mal de vivre che, fondamentalmente, non abbandonerà mai un'inquieta cronica come la sottoscritta. F è diventato onnipresente nella mia vita. Istantanee di momenti trascorsi insieme mi passavano (e lo fanno tuttora proprio mentre scrivo e mi si chiude lo stomaco) davanti gli occhi in ogni momento della giornata. I suoi messaggi arrivavano puntuali proprio quando non erano previsti dai miei disegni mentali. Mi sono distratta parecchio a lavoro. Ho pianto alcune sere. Ho riflettuto molto sul da farsi. Gli ho scritto come mi sentivo e cosa provavo. Avrei preso un aereo. Ma quello che ho presa è stato solo un onestamente non credo che farti prendere 4 aerei dicendoti "sarebbe bello vedersi senza aspetta

Pochi giorni.

Amore mio lo so che sono ancora pochi giorni però mi manchi da morire Non te lo dirò mai  ma fino a che non torni io rischio di impazzire [ Pochi giorni - Daniele Silvestri, Diodato ] Cari lettori, eccomi qui.  Non sono sparita ma la mia vita ha subito una lieve impennata che non mi aspettavo. O forse sì. Sono stata a Lisbona. E mi sono innamorata. Di Lisbona. Ma non solo.  Però per fare le cose per bene, ora vi spiego tutto con calma cercando di essere il più breve possibile. A inizio dicembre scorso, mentre un altro strappo mi bruciava i muscoli dell'anima, una mia amica mi ha parlato di un suo amico che era riapparso nella sua vita dopo anni di silenzio.  Michi, lo devi conoscere. Secondo me ti piace e poi vive a Lisbona. Coooosa??  Credo che in quel momento tutti i miei neuroni si siano svegliati di colpo alla parola Lisbona. Insomma, per farla brevissima, lui in quell'istante mi ha chiesto l'amicizia su FB (su consiglio-ordine della

Come è andata.

Una decina di giorni fa vi scrivevo di un mio primo appuntamento . Non ho risposto subito a chi mi aveva chiesto come fosse andata. Bene. Ora vi faccio una piccola sintesi: la serata è andata benissimo. Mi sono divertita, ho riso, ho bevuto, ho mangiucchiato qualcosa, mi sono ripassata il rossetto di fronte a lui senza provare disagio e sono tornata a casa serena.  Io e V. sembravamo due amici di vecchia data senza esserlo effettivamente. Il giorno dopo ci siamo sentiti e il giorno dopo ancora. E' stato lui a chiamarmi e io ho risposto. Ma non ho sentito l'esigenza di cercarlo. E così dopo un po' di giorni lui deve essersene accorto di questo mio disinteresse  che ha cominciato a scrivermi di meno. Fino a non farlo più. Adesso rimane qualche battuta sporadica su whatsapp e niente di più. Mi ha anche chiesto se l'avrei rivisto. E gli ho detto la verità: non avevo un motivo per dirgli di no, ma dirgli di sì mi metteva ansia. Che ansia? E' un'ansia m

[Libri] Non avevo capito niente.

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Sono qui, distesa su un divano Kivik, immobile davanti allo schermo del pc da una decina di minuti. Sto cercando - con tantissime difficoltà- di scrivere qualcosa sull'ultimo libro a cui ho detto, a malincuore,  in un orario imprecisato tra le 8.30 e le 9.30 di ieri, ciao. Pochi libri sono in grado di creare legami profondi con i personaggi che abitano le pagine. Non avevo capito niente è uno di questi.  Narrato in prima persona da una voce ironica, frizzante, leggera, ma al tempo stesso incoerente, inaffidabile, a volte pleonastica, questo romanzo di De Silva - scrittore scoperto solo pochi mesi fa e di cui mi sono innamorata follemente- presenta, in maniera minuziosa a volte, le riflessioni, profonde e superficiali, di un personaggio che si fa amare sin dalle prime battute: Vincenzo Malinconico .  Se questo nome spassoso vi getta subito addosso qualche dubbio sulla sua personalità, teneteveli stretti ma siate pronti anche a lasciarvi stupire. Malinconico è un giova

Primo appuntamento.

Non esco con un ragazzo da quest'estate. Quelle cose della serie dai, ci prendiamo una birra e mangiamo qualcosa insieme. Nel mezzo ci sono stati incontri casuali. Quelle cose usa e getta che non richiedono la fatica del parlare, ergo quella del conoscersi. Mi sono sempre sentita inadeguata. Inadatta. Non pronta. E così ho detto un po' di no. Anche a ragazzi molto carini. La situazione non è cambiata. Ma ho capito che non è un problema di chi ho di fronte. Ma mio. E stasera ho deciso che devo affrontarlo. Che quattro chiacchiere con la prossima persona che non rivedrò più non mi faranno male. Sì, avete letto bene. Ho già deciso che non voglio rivederlo. Che non mi deve piacere e che non si deve in nessun modo legare a me. Sono patologica, lo so. Ma mai come in questo momento sento di aver alzato dei muri che non voglio abbattere. Quando vi ho parlato delle lacrime versate per Perfetti sconosciuti , ho omesso di dirvi che quelle storie mi riguardano così da vicino,

Non ci ho capito niente.

Mi sa che è questo il mio limite: mi mancano le conclusioni, nel senso che ho l'impressione che niente finisca mai veramente. Io vorrei, vorrei davvero che i dispiaceri scaduti, le persone sbagliate, le risposte che non ho dato, i debiti contratti senza bisogno, le piccole meschinità che mi hanno avvelenato il fegato, tutte le cose a cui ancora penso, le storie d'amore soprattutto, sparissero dalla mia testa e non si facessero più vedere, ma sono pieno di strascichi, di fantasmi disoccupati che vengono spesso a trovarmi. Colpa della memoria, che congela e scongela in automatico rallentando la digestione della vita e ti fa sentire solissimo nei momenti più impensati. [Non avevo capito niente - Diego De Silva] Vorrei trovare, ogni tanto, il coraggio di lasciare andare.  Ho riflettuto molto in questi giorni su questo. E sapete una cosa?  Non ci ho capito niente.

[FIlm] Perfetti sconosciuti

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Torno a casa un po' sconvolta dopo aver visto questo film. Devo asciugarmi ancora le lacrime, nonostante l'attesa dei titoli di coda (il momento migliore per piangere) e qualche km per tornare. No, non mi aspettavo di piangere. Sì, tra gli effetti collaterali di  Perfetti sconosciuti c'è rischio apertura condotti lacrimali . Tralascio sul film -che a tratti sembra monotono e lento, probabilmente dato dal fatto che ha un'unica ambientazione- e vi parlo subito di quelle considerazioni che mi hanno un po' scosso. Perfetti sconosciuti. Siamo questo in un rapporto. Di qualunque natura esso sia. Amici, conoscenti, coniugi, trombamici, frequentanti, scambiatori di email, stimolatori di genitali, messaggeri cronici. Siamo degli sconosciuti . Sconosciuti che si portano dentro una marea di cose che non diciamo. Che non mostriamo. Che non raccontiamo. Che facciamo fatica a nascondere. O che paradossalmente siamo così bravi a nascondere. Non si può sapere tutto del

Gli scritti del 2009.

Ieri mentre mettevo in ordine la mia scrivania/libreria, mi sono imbattuta in scritti risalenti al 2009, che un po' di tempo' fa avevo cominciato a stampare per rileggerli con calma. La verità è che non li ho mai riletti, non ho fatto altro che spostarli da un lato all'altro della mia scrivania, evitando che prendessero tanta polvere. Stamattina li ho messi in borsa con l'intenzione di leggerli in treno, ma niente. Ci proverò domani, sempre che non venga risucchiata da Vincenzo Malinconico. O peggio ancora da un attacco di narcolessia. Quello però che mi ha portato a riflettere, e di conseguenza a scrivere, è che io in quell'anno ho scritto tantissimo. Tipo che scrivevo 2-3 post al giorno. Sicuramente non avevo un caiser da fare. Sicuramente ero più triste e insoddisfatta di adesso. O meglio, ero triste in modo diverso. Perché non conoscevo ancora i problemi reali della vita e la rottura con l'invertebrato che mi portavo dietro mi sembrava una catastr

TRENTA

Quindi, sì. Sono TRENTA.  E io me li sento tutti.  Perché sono stati anni intensi, anche se non ho girato il mondo o non ho vinto il Nobel (ci sto lavorando eh).  Anni così intensi, pieni di ferite, ma anche feritoie, da dove è stato possibile-ogni volta- ricominciare. Sono cresciuta.  Non sono più quella bambina con un caschetto fastidioso che si metteva in posa con una mano sotto il mento.  Non sono più neanche quella mocciosa smorfiosetta nerd che non guardava i cartoni ma leggeva libri e ascoltava le canzoni in inglese con le musicassette. E ancora, non sono neanche più quella ragazzina introversa e snob che se ne stava per i fatti suoi a scrivere pagine di diario, dedicate ad un fantomatico Luca. Sono diventata più simpatica, insomma. Ma ancora un po' snob. Un po' cinica. Un po' fredda. Sempre con una dose di razionalità a portata di mano. E quella sensibilità che mi fa piangere ancora mentre ascolto una canzone.  Sicuramente un po' rot

Dal regionale 12504 è tutto.

Uno pensa che il treno sia un luogo anonimo dove la gente ama scambiarsi sguardi su sedili che sanno di umanità. E in effetti è così per chi sui treni ci sale ogni tanto. Ma per quelli che del treno fanno una seconda casa, quelli come me affetti da pendolarismo seriale, il treno diventa un posto dove si raccontano storie, ci si meraviglia delle abitudini, si osservano pregi e difetti, si presumono vizi e virtù, si scoprono tradimenti.  Sì, tradimenti. Perché la gente tradisce e ormai non è più una novità.  Qualche giorno fa fui colpita da una coppia che discuteva cercando di tenere bassa la voce. Ci riuscirono benissimo, perché il climax arrivò solo quando lui le disse SEI UNA STRONZA per tre volte. E io, nonostante i miei auricolari, non riuscii ad evitare di leggere il labiale e ascoltarne la pseudo pacata voce.  Entrambi avevano la fede, quindi pensai subito ad un vacillamento coniugale, una di quelle solite discussioni che ogni tanto fa scricchiolare il talamo dell&#

Sulla panchina.

Non pensavo che sarei mai arrivata ad un punto in cui avrei tirato le somme della mia vita e ci avrei visto tutto nero. Non ci siamo proprio. E' come se stessi tirando i fili della mia esistenza con i denti, trascinando tutto quello che sono con la sola forza della parte più fragile del mio corpo. Sento che mi sono crollate addosso le torri gemelle dell'infelicità.  Sono letteralmente sepolta da una forte insoddisfazione che mi sta togliendo, un sorso alla volta, tutta la gioia di vivere di cui ero portatrice sana.  Sorrido, ma fingo. Perché è più semplice fingere che vada tutto bene. Del resto, nessuno capirebbe. Neanche tu, mio caro lettore o lettrice. E non prendertela se ti dico che non puoi neanche lontanamente sapere cosa provo. Perché l'insoddisfazione e l'infelicità sono le neoplasie dell'anima, di cui ognuno ha un modo tutto personale di provare e sentire. Io pensavo che fossero curabili. Con lo sport, con il mare, con i tramonti, con il

Assente giustificato.

Sono assente. Risucchiata totalmente dal lavoro. Che non mi piace. Che mi rende infelice. Dal tempo che non ho. E che vorrei. E' un periodo di merda e io mi sto dissolvendo piano piano nell'acido della mia infelicità. Vorrei un biglietto di sola andata. Ricominciare da un'altra parte. Perché quando sai che hai tutto sbagliato non vorresti altro che una nuova pagina bianca su cui riscrivere la tua vita. Forse tornerò. Ma non so quando.

Mai, mai, mai mi perdonerei.

Mai...ho tagliato i capelli (da sola). Sì, ho avuto il coraggio. Un bel taglio netto. Non c'è più la coda lunga che mi rendeva apparentemente secsi . Non ci sono più le doppie punte. Non c'è più tutto quel baluardo di sicurezza racchiuso in una folta chioma. Addio, femminilità. Chissà adesso dove sarai. Credevo di non esserne capace, poi è bastato un pomeriggio di noia a farmi cambiare idea. E anche un po' di rabbia. Per tutti quelli che continuano a dirmi  ti conosco bene, non cambierai mai. Che palle che siete. La verità è che alla gente piace dire agli altri quello che non riesce a dire a se stesso. O che magari ha paura di dire. Nella noia di chi ti dice che non sei cambiato, c'è la consapevolezza che non è cambiato neanche lui. Solo che è più facile dirlo degli altri, piuttosto che di se stessi. E così ho tagliato i capelli. Quasi a voler partire da quelli. Consapevole che, in verità, un taglio non cambia nulla, se non i tuoi umori davanti allo specchi

I buoni propositi che ho rispettato e quelli che rispetterò (forse).

L'anno scorso ho stilato una piccola lista di buoni propositi. Pochi ma buoni.  Non avevo grandi pretese per il nuovo anno, volevo fissarmi piccoli obiettivi e raggiungerli. E ci sono riuscita. Sono riuscita a cambiare la mia alimentazione e sono dimagrita.  Rimango sempre la golosa ingorda di sempre, ma per fortuna ho imparato a controllarmi. Ho trovato la causa dei miei frequenti mal di testa e sono sempre più convinta che lo stile alimentare influenza tantissimo la nostra vita. Mi piacerebbe continuare a dimagrire, impegnarmi di più a mangiare sano e ridurre drasticamente carboidrati e carne.  Non sono riuscita a smettere di bere, ma se escludiamo le feste, le mie distrazioni alcoliche sono diventate rare puntate mensili dosate con molta attenzione. Per capirci, non supero i due calici di vino al mese e la birra è quasi sparita dal mio menu alcolico.  Ho ridotto anche le sigarette, visti i miei problemi di salute. Sarebbe bello non fumarne più .  Ho ripreso a

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Innanzitutto Buon Anno a voi. Come padrona di casa sono stata abbastanza maleducata da darmi per latitante durante queste feste. Ma ZERO voglia di scrivere e UMORE quasi sempre sotto terra. Ho avuto anche degli attacchi di ansia mista a panico per quanto sono stata male. Sono fatta così. Il Natale non mi piace e non lo vivo affatto bene. Ecco perché decido sempre di passarlo fuori casa. E quest'anno sono andata nuovamente al pranzo Caritas con i poveri della mia città. Un'esperienza unica che ha dato un senso ai miei malesseri. O meglio, li ha ridimensionati tantissimo. Mi sono chiesta perché.  Perché stessi cosi male da non riuscire a trattenere le lacrime e non riuscire a dormire.  Perché odio questa festa.  Perché mi sento così indifesa quando invece dovrei sentirmi felice per l'aria di festa che gira intorno.  Non ho trovato risposte. Ma so che sono stata così anche per una situazione in cui mi sono buttata con tutta me stessa e che, sebbene alzi il l