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Visualizzazione dei post da maggio, 2014

L'introduzione.

Ho inviato l’introduzione della tesi alla mia tutor. Non ne sono molto convinta, ma non l’ho voluta ri-rileggere per non demoralizzarmi ancora di più. Se avessi avuto tempo, avrei cancellato tutto e ricominciato da capo. Ma tempo non ne ho, così come non ho voglia di rimettermi a scrivere. E’ solo un’introduzione, mi dico. E’ solo una bozza, che sicuramente sarà da rivedere. E poi io non ho mai scritto una tesi, quindi… Ma parliamo di cose più belle. Il mio periodo di depressione, forse, è passato. Nel senso che adesso ho davvero la testa impegnata e proiettata a luglio, alla tesi, alla laurea, al futuro. Sto facendo i conti con i miei limiti, con le mie paure, con le mie fragilità. Ogni giorno mi scopro una pessima persona, ma infondo sono questa. E forse il lavoro più difficile è accettarmi per quello che sono. Diciamo che non sono in un periodo bellissimo della mia vita, sono più insopportabile del solito e sicuramente ancora più severa con me stessa. Stamattina mi sono sveglia

Giornata lunga di depressione AKA domenica.

Come ci si sente quando si è (o forse si crede) di essere nel posto sbagliato?  Ricordo vagamente la sensazione che ho avvertito quando ero in un posto non giusto. Avrò provato un disagio momentaneo e poi come al solito sarò scappata o me la sarò fatta passare, magari stando in compagnia, prendendo la bici o facendo qualcosa che potesse tenere occupati i miei neuroni.  E’ da quando ho saputo che devo laurearmi (molto probabilmente) a luglio che sto male.  Dovrei essere felice, si sta chiudendo un cerchio, sto aggiungendo un altro tassello al puzzle della mia vita.  E infondo lo sono. Ho fatto gli esami in tempi record, con una media che non mi sarei mai sognata in vita mia, ho sfidato la mia ansia, le mie paure, le mie insicurezze. Ho imparato a gestirle e a gestirmi. Sono felice per questo.  Eppure dentro di me si è aperto un buco nero che piano piano sento mi sta risucchiando e quello che temo di più è che poi arrivi ad un punto di non ritorno di nome depressione.  Non

Quanto siamo patetiche noi donne.

C’è che ogni tanto mi sale su un magone. Non so come si possa descrivere questa situazione. Tu cominci la tua giornata nel migliore dei modi, o quasi. Il tuo caffè, i tuoi biscotti, le tue occhiaie, l’insalata da preparare per la pausa pranzo. La normalità. Poi arrivi a lavoro, metti su la tua playlist preferita su Spotify e cominci a darci dentro. Ma niente. Lo stomaco si chiude. Ti incanti davanti al pc, mentre i neuroni fanno viaggi dall’altra parte del mondo. Mi sto spegnendo poco a poco, o perlomeno ho questa impressione. Dovrei essere felice, ho finito i miei esami, se tutto va bene tra due mesi mi laureo, mi sto costruendo un mondo tutto mio, con le mie mani e le mie fatiche. Forse è proprio questo che mi spaventa. Sto diventando responsabile. Queste sono le mie scelte. Dettate solo da me. Ho deciso io di venire in questo posto, ho scelto io la casa con delle coinquiline di merda, ho scelto io di lavorare in questo gruppo, di lasciare la Puglia, di buttarmi in questo mon

N.B.

[Cose che nelle ultime ore sto dicendo a me stessa] Non sono stupida (ok, magari per qualcuno si). Ho fatto più di 50 esami nella mia vita più o meno quasi tutti superati brillantemente. Non ho mai avuto un 18, neanche un 19. Se mi fai una domanda di ragionamento, ragiono, non ti dico la storiella a memoria. So collegare le sinapsi e rispondere in maniera appropriata. Mi sforzo di essere intelligente o di sembrare tale. Ho superato prove più importanti nella mia vita. Se dovessi essere bocciata non è la fine del mondo, ma comunque mi sentirei una merda. Sto cercando di stemperare la tensione da ULTIMO ESAME. Già, domani faccio il mio ultimo esame (si spera). Mi sento impreparata, anzi no. Ho studiato, di fretta ma ho studiato. Ho fatto una faticaccia enorme perché ho cercato di tradurre concetti spiegati malissimo dal professore ma sento che qualcosa andrà storto. Che potrei impappinarmi  o peggio ancora che potrei non saper rispondere. Ecco, voi pregate per me. Incrociate

Pensieri assurdi che vengono fuori dopo una rimpatriata.

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Ieri sera ho incontrato i miei ex compagni di liceo.  Su 24, eravamo 8. Tra gli assenti c'erano quelli giustificati perché espatriati dall'ameno paesello, i pacchisti , i fantasmi, i perennemente impegnati e quelli che, causa attack , non si scollano dai loro partner. Il numero non era importante ma se ci saremmo stati tutti sarebbe stato davvero bello.  Il problema però non è questo. Il problema è che io ieri per una buona parte della serata mi sono sentita un' inadatta . O forse un'inetta. Avete presente La coscienza di Zeno ? Ecco più o meno così. Ero l'unica non ancora laureata, non ancora stipendiata, non ancora fidanzata, non ancora maritata, non ancora con prole, non ancora realizzata .  Ok, forse neanche i miei compagni che hanno lavoro, mogli/mariti, fidanzati/e, figli e suocere scassapalle lo sono. Però avevano qualcosa .  E io improvvisamente mi sono sentita vuota , forse rimasta ancora con quell'aria leggera dei miei 19 anni dopo la