[10/365] Ad una serie di cose.

Una volta credevo molto nel potere terapeutico della scrittura. Ci credo tuttora, ed ecco perché sono qua. 
Come sempre, ogni volta che mi viene da scrivere, mi lascio ispirare da un evento della vita quotidiana, da un incontro inaspettato, da una canzone che ho ascoltato distrattamente alla radio e che riascolto con attenzione, da una foto che riappare mentre scorro la galleria del telefono. 

Oggi mi sono ritrovata a chiacchierare con una persona nuova. Non abbiamo fatto grandi discorsi, ci siamo ritrovati semplicemente in un bar a parlare di sport, di medicina, di vita vissuta. Una chiacchierata dalle parole semplici, dai toni pacati, dai sorrisi misurati, dagli imbarazzi evidenti. 
Poi sono tornata a casa sotto la pioggia. Lungo il ritorno, mi sono fermata per scattare una foto in uno dei punti che più amo del mio ameno paesello. Mentre mi arrampicavo su un muretto a secco per poter avere una visuale ampia di quello che stavo per fotografare, sono caduta sbattendo il ginocchio. Ho accusato il colpo e ci ho riprovato. Ho fatto tutto in fretta perché piovigginava e dopo alcuni secondi la pioggia è diventata più insistente. 
Mentre tornavo a casa, con gli occhi semi chiusi infastiditi dalla pioggia e il fiato corto, pensavo ad una serie di cose che in questo periodo della mia vita stanno succedendo.

Pensavo al fatto che per la prima volta posso dire di aver provato amore per qualcuno. Non dico che mi sono innamorata, non sono così sicura su alcune questioni. Sento che è qualcosa di diverso.
In un libro che amo molto, Che tu sia per me il coltello, Grossman, l'autore, fa riferimento al luz. Secondo gli antichi saggi, nel corpo esiste un ossicino indistruttibile -luz- che non si decompone dopo la morte, né brucia con il fuoco. Riporto le parole del libro:
Per un certo periodo ho fatto un piccolo gioco: cercavo di indovinare quale fosse il luz delle persone che conoscevo. Voglio dire, quale fosse l'ultima cosa che sarebbe rimasta di loro, impossibile da distruggere e dalla quale sarebbero stati ricreati. Ovviamente ho cercato anche il mio, ma nessuna parte soddisfaceva tutte le condizioni. Allora ho smesso di cercarlo. L'ho dichiarato disperso finché l'ho visto nel cortile della scuola. Subito quell'idea si è risvegliata in me e con lei è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trova dentro di me, bensì in un'altra persona.

Ecco, ho trovato questo ossicino indistruttibile. E' fuori di me. In un'altra persona, a cui sento di volere bene come nessuno. E' una forma di amore, di devozione, di stima, di rispetto, di bene, di protezione. E' qualcosa che non riesco a definire bene con le parole, ma che associo a questo libro, così come a questa immagine così potente per me.
E' una storia complicata che non riuscirò mai a scrivere e che, a volte, faccio fatica anche a raccontare a me stessa.

Pensavo a quanto la vita, a volte, sia ingrata con noi. Siamo noi che sbagliamo o lei che non riesce a starci dietro? Siamo noi che chiediamo troppo o lei che ci toglie molto? Non ho una risposta. 
So solo che questo non è stato un anno semplice e che vorrei chiudere al più presto alcune pagine brutte. Non sarà la fine di un anno a darmi la benedizione, ma prego ogni giorno di arrivare con un cuore leggero all'inizio del nuovo anno. 

Dovremmo affidarci. Fidarci. Lasciarci accogliere. Accogliere. Amare nella misura in cui riusciamo a farlo e, dove non riusciamo, chiedere all'altro di farlo per noi. Aprire i nostri cuori, abbattere i muri che ci fanno essere aridi, piangere più spesso ammettendo che da soli non possiamo farcela. 
Non è un vademecum. E' che a volte vorrei davvero che la mia vita non avesse nessun freno. 
In questi giorni, la parola che ho ascoltato maggiormente è stata "Stai attenta". Sì, lo ammetto. A volte sono così sprovveduta che non valuto le conseguenze dei miei gesti. Non penso mai a cosa ne potrebbe derivare da un passo falso. Ma voglio davvero vivere pesando ogni singolo gesto per paura di quello che possono pensare gli altri? No. No. No. Voglio essere libera. 
Non è una strada semplice, quella che ti porta ad essere come vuoi essere, non lo è affatto. Ci sono salite interminabili e solo il mio cuscino sa quante notti le passo piangendo. 
Anche ora, che scrivo senza rendermi conto di quanto lungo stia diventando tutto questo monologo, ho gli occhi umidi. 
La mia vita non mi piace, ma io mi piaccio parecchio. Perché mi indago, forse troppo, e questo penso che sia uno dei più bei doni che l'essere umano possa avere. 

Ho un flusso di coscienza interminabile. I pensieri sono troppi e molto spesso mi divorano. Come oggi. Come questi giorni. Ho una confusione che mi lascia molto spesso spaesata. 
Vorrei disporre di un manuale di istruzioni in cui cercare le risposte. Potrebbe essere tutto più semplice. 
Ma non c'è. E dubito che un giorno qualcuno su questo pianeta potrà disporne. E allora l'unica cosa che so è che voglio vivere. 


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