Il problema non sono mai gli altri

Per anni mi sono innamorata di uomini freddi come un'insalata a gennaio.
Ho amato uomini congelati e scostanti come le lasagne precotte del supermercato.
[...]Finché un giorno mi sono bruciata tanto, così intensamente, che ho deciso di guardare dentro la mia vita e di riscaldarla questa volta, invece che con un uomo, con un brodo caldo per l'anima.
Il demone era quell'affogare continuamente nel presente. Bruciare nell'istante, in una perenne deriva della responsabilità e del senso. Ho deciso che da quel momento mi sarei davvero presa cura di me stessa, della parte di me più intima e più profonda. Ero intenzionata a comprendere il sottile meccanismo che mi portava a sopravvalutare la mia capacità di migliorare la vita degli altri sottovalutando la capacità di migliorare la mia.
[...]Il problema non sono mai gli altri , gli altri non ci fanno mai il piacere di cambiare, ero io sempre la stessa e questo era sufficiente per mettere in atto azioni compulsive che in poco tempo avrebbero fatto declinare la relazione in un triste dejà vu. E' stato un percorso lungo, un itinerario doloroso in cui tutte le certezze crollavano per arrivare a capire che non sono mai gli altri, non sono le contingenze, i luoghi o le situazioni responsabili per come ci sentiamo e per le scelte che compiamo nella nostra vita.


[Paola Maugeri - La mia vita ad impatto zero]

Era una sera di aprile quando, sbattendo lo sportello della macchina, salii le scale di casa arrabbiata, confusa e infelice (altro che Carmen Consoli).
Ma appena chiusa la porta alle mie spalle, provai un senso di libertà che non avevo mai provato, ero quasi soddisfatta di questo mio gesto sconsiderato e totalmente irrazionale. Un pianto quasi liberatorio, più che di dolore, rigava il mio viso stanco dopo una giornata passata in facoltà.
Avevo rinunciato alle sicurezze di anni e anni, semplicemente per un tocco di libertà.
Senza pensarci prima.
Presa da un senso di soffocamento che non riuscivo più a gestire e che mi toglieva la vita nella maniera più subdola possibile, invisibile e silenziosa.
Ero convinta che da quella sera di aprile qualcosa sarebbe cambiato, doveva cambiare. Fino ad allora, avevo riposto tutte le mie aspettative negli altri, nella loro capacità di sorprendermi.
Ma adesso era arrivato il momento di pensare a me stessa, a quello che volevo sul serio, alla mia capacità di scegliere, alla possibilità di rimettere tutto in discussione.
E leggendo queste righe non potevo che farle mie.
Ben lontana da conclusioni certe come quelle che ha ottenuto Paola nel suo percorso, mi sono sentita un po' la protagonista di quelle considerazioni, pensando che potessero essere mie, frutto di un discernimento interiore che va avanti da mesi.
E' passato tanto tempo da quella sera di aprile, di sbagli ne ho fatti tanti. Primo, pensare che la mia vita potesse cambiare con una semplice rottura. Che potessi alzarmi il mattino seguente e ricostruire in fretta una vita sgretolata da rinunce, divieti, obblighi, scelte inconsapevoli.
Ho cominciato piano piano a realizzare che i risultati non li avrei ottenuti subito, forse mai, ma che era necessario un percorso interiore, un percorso che mi permettesse di mettere insieme tutti i pezzi mancanti.
Gli stessi pezzi che mancavano per colpa mia, non per gli altri.
Consapevolezze che portavo dentro di me in maniera salda, di cui ero fermamente convinta, ma che ad ogni momento di debolezza ero pronta a rinnegare, scaricando tutte le responsabilità sugli altri, pensando che potevo liberamente incolparli se la mia vita non girava nel verso giusto.
Considerazioni figlie di momenti di poca lucidità, di rabbia, di fragilità.
Ho cominciato a pensare che quella sbagliata ero io. Non potevo incolpare gli altri, il destino o chissà che se qualcosa andava storto. Se sceglievo uomini sbagliati, se nelle amicizie finivo per rimetterci sempre io, se all'università l'esame non riuscivo a passarlo con il voto che volevo, se nella vita mi sentivo inconcludente e inadeguata.
Gli altri non c'entravano.
Il percorso che porta alla consapevolezza che non sono gli altri, le contingenze, i luoghi o le situazioni i protagonisti dei nostri errori è lungo e soprattutto doloroso. Non c'è un punto di arrivo definitivo, soprattutto se hai sempre la forza di metterti in discussione, di capire che il momento di crisi potrebbe essere una svolta, piuttosto che un punto di arresto.
E' un lavoro sporco, lo stesso che si fa per scavare un terreno e piantarci un seme. Ci si sporca le mani, ma poi se curato e innaffiato, il seme cresce e porta frutto. E i frutti non sono mai brutti. Anche quando ti lasci cadere il mondo addosso pensando di essere totalmente sbagliata.
Einstein scriveva: E' dalla crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi stategie. [...] Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni.[...] Senza crisi non ci sono sfide, e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. E' dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza. 

Buona giornata!













Commenti

  1. Mi rifletto tantissimo nel tuo post... l'unica differenza è che io la "rottura" non l'ho ancora fatta... sto trascinando avanti la cosa creandomi mille scuse...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. tu conosci le ragioni del tuo cuore...posso dirti solo che correre il rischio per una vita migliore vale la pena!

      Elimina
  2. I Manic Street Preachers! Era dai dai tempi di "So why so sad" che non li ascoltavo! Divagazioni musicali a parte direi che la tua riflessione è scomodamente vera, anche se voi donne, avete la naturale propensione a sentirvi reaponsabili per qualsiasi cosa non funzioni. Io, in quanto maschio italico medio, proprio non ce la faccio a non buttare la croce dei miei insuccessi sugli altri. Non che la cosa mi tarpi le ali o altro. Semplicemente sono convinto del fatto che se riesco a trovareun modo per sorridere quando le cose vanno male vuol dire che ho trovato aualcuni a cui dare la colpa!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. non so come si chiami questa sindrome che colpisce in pratica 9 donne su 10...però si, noi donne di solito tendiamo a farci carico anche degli sbagli altrui ;-)

      Elimina
  3. Personalmente sono convinto che sia necessario riuscire ad elaborare ogni accaduto partendo dalla propria persona. È chiaro che determinate conseguenze hanno delle causa che risiedono principalmente nei nostri comportamenti. Questo, però, non deve significare rinchiudersi nell'autoreferenzialità. Non dimenticarsi mai che un contesto esiste ed influisce sulle nostre vite. Tutto sta a saper interagire in maniera equilibrata con ciò che ci circonda facendo valere una nostra autonomia di pensiero ed azione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. infatti il discorso non esula dal fatto che c'è sempre un contesto che deve essere considerato...
      mi verrebbe da spiegarlo in termini scientifici, ma lasciamo stare va' :-)

      Elimina
  4. Concentrati su Einstein che è meglio, molto meglio. Del resto sei una scienziata!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Einstein era la mia immagine profilo di FB tanto tempo fa. Poi quando ho capito che non sarei stata neanche la polvere delle sue scarpe l'ho cambiata. Però continuo a concentrarmi su di lui, eh.
      Ciao Principe.

      Elimina

Posta un commento

E ora dimmi cosa pensi...

Post popolari in questo blog

Color cervone

Intermezzo soft-porno. E anche soft-incazzato.

Settembre, il lunedì dell’anno