Stiamo vicini, amici pendolari e non.
Pensi che non possa succedere a te.
A te che prendi il treno ogni giorno alla stessa ora.
A te, pendolare seriale, maniaco nella scelta della carrozza. Che è sempre la stessa. Perché è quella dove incontrerai gli altri pendolari seriali come te, con i quali ti fermerai a parlare, a raccontare la tua giornata lavorativa, i tuoi problemi, le tue felicità momentanee. Magari con qualcuno ci flirterai pure. Poi uno scontro. Bam. E sei finito.
Rosso e nero. Non capisci più niente. Chi sei. Dove ti trovi. Cosa sta succedendo. Le voci, le urla, il sole che brucia la pelle e le ferite che ti ritrovi addosso.
Piangi. E preghi Dio che qualcuno ti venga a tirar fuori da lì.
Pensi che non possa succedere a te.
E infatti non è successo a me.
A me che quella linea non la prendo.
A me che oggi sono andata in macchina a lavoro.
Però.
Però è come se su quel treno ci fossi salita anche io. Perché la voce mi trema. Così come le mani. Perché la disperazione e la paura si sono affacciate in questo pomeriggio afoso di metà luglio.
Perché su quel treno, ci sono persone che conosco e che viaggiano come me.
Perché è impensabile che due treni possano scontrarsi, non siamo mica in India, e invece.
Perché io non vorrei la mia vita spezzata così, per una tragica fatalità.
Perché io ci passo due ore della mia giornata su un treno.
Perché oggi sarà più dura tornare a casa, sapendo che a pochi km ci sono vite distrutte in mezzo a lamiere incandescenti.
E allora non riesco a non pensare a quello che è successo.
A quel treno, sul quale potevo esserci anche io.
Stiamo vicini, amici pendolari e non.
A te che prendi il treno ogni giorno alla stessa ora.
A te, pendolare seriale, maniaco nella scelta della carrozza. Che è sempre la stessa. Perché è quella dove incontrerai gli altri pendolari seriali come te, con i quali ti fermerai a parlare, a raccontare la tua giornata lavorativa, i tuoi problemi, le tue felicità momentanee. Magari con qualcuno ci flirterai pure. Poi uno scontro. Bam. E sei finito.
Rosso e nero. Non capisci più niente. Chi sei. Dove ti trovi. Cosa sta succedendo. Le voci, le urla, il sole che brucia la pelle e le ferite che ti ritrovi addosso.
Piangi. E preghi Dio che qualcuno ti venga a tirar fuori da lì.
Pensi che non possa succedere a te.
E infatti non è successo a me.
A me che quella linea non la prendo.
A me che oggi sono andata in macchina a lavoro.
Però.
Però è come se su quel treno ci fossi salita anche io. Perché la voce mi trema. Così come le mani. Perché la disperazione e la paura si sono affacciate in questo pomeriggio afoso di metà luglio.
Perché su quel treno, ci sono persone che conosco e che viaggiano come me.
Perché è impensabile che due treni possano scontrarsi, non siamo mica in India, e invece.
Perché io non vorrei la mia vita spezzata così, per una tragica fatalità.
Perché io ci passo due ore della mia giornata su un treno.
Perché oggi sarà più dura tornare a casa, sapendo che a pochi km ci sono vite distrutte in mezzo a lamiere incandescenti.
E allora non riesco a non pensare a quello che è successo.
A quel treno, sul quale potevo esserci anche io.
Stiamo vicini, amici pendolari e non.
Non ci sono parole. Sicuramente chi come te ha preso quel treno sente più vivo il dolore e la paura.
RispondiEliminaUn abbraccio
capisco che chi viaggia in treno, senta particolarmente questa tragedia...
RispondiEliminaio mi limito ad un silente abbraccio solidale
Ogni volta che capita una tragedia ci sentiamo così, vero?
RispondiEliminaSoprattutto se la tragedia ha a che fare con qualche aspetto della nostra quotidianità.
Non posso che abbraccairti e sperare che la sensazione si sia un po' affievolita nel frattempo
Che dire...
RispondiEliminaÈ tutto incredibilmente assurdo.
Un grande abbraccio.