GNUT.
Ogni tanto Spotify mi regala qualche canzone così bella che mi si appiccica addosso per un po’ di giorni e non va più via. Anzi, diventa quasi una colonna sonora della mia banale vita, facendomi vivere in una sorta di cortometraggio in loop.
Questa volta è capitato con la canzone di GNUT, artista che non conoscevo, ma che adesso adoro fino al midollo. E’ come se avesse dato musica alle parole che ogni tanto scrivo qui. Si chiama Fiume Lento e dovete ascoltarla.
La sua voce, un po’ graffiante, mi ha fatto innamorare al primo ascolto.
Inutile scrivere che ho pensato a quell’odore sulle mie dita e a tutti quegli odori annidati nelle narici che non ho cancellato.
Fuori piove, rubo tempo al lavoro scrivendo.
Ogni tanto mi affaccio alla finestra controllando se passa ragazzotreno. Non passerà, né oggi e né forse nei prossimi giorni.
Era una bella distrazione di cui ho dovuto privarmi senza troppi sforzi.
Forse sulle mie dita ci deve essere anche il suo odore, perché nei miei occhi rivedo la forma delle sue mani, il colore dei polpastrelli, il polso largo.
E allora penso che deve essere rimasto qualcosa anche sulle mani. Le annuso ma riconosco solo l’odore dei guanti in lattice che ho tolto qualche minuto fa. Forse il suo odore si è mescolato al marcio di questo laboratorio, allo scarto chimico di un guanto usa e getta. Come i suoi baci, come il suo sorriso, come le sue mani. Usate e gettate.
Questa volta è capitato con la canzone di GNUT, artista che non conoscevo, ma che adesso adoro fino al midollo. E’ come se avesse dato musica alle parole che ogni tanto scrivo qui. Si chiama Fiume Lento e dovete ascoltarla.
La sua voce, un po’ graffiante, mi ha fatto innamorare al primo ascolto.
Inutile scrivere che ho pensato a quell’odore sulle mie dita e a tutti quegli odori annidati nelle narici che non ho cancellato.
Fuori piove, rubo tempo al lavoro scrivendo.
Ogni tanto mi affaccio alla finestra controllando se passa ragazzotreno. Non passerà, né oggi e né forse nei prossimi giorni.
Era una bella distrazione di cui ho dovuto privarmi senza troppi sforzi.
Forse sulle mie dita ci deve essere anche il suo odore, perché nei miei occhi rivedo la forma delle sue mani, il colore dei polpastrelli, il polso largo.
E allora penso che deve essere rimasto qualcosa anche sulle mani. Le annuso ma riconosco solo l’odore dei guanti in lattice che ho tolto qualche minuto fa. Forse il suo odore si è mescolato al marcio di questo laboratorio, allo scarto chimico di un guanto usa e getta. Come i suoi baci, come il suo sorriso, come le sue mani. Usate e gettate.
Anche a me piace lui.
RispondiEliminaAnche io alle prese con un odore che cerco di trattenere, ma è già svanito nell'aria.