Nessuno si salva da solo. Una generazione di analfabeti affettivi.
Veniamo al mondo
generati dall’amore di una notte o di una vita e cresciamo circondati da varie
forme di amore: quello dei nostri genitori, dei nostri amici, delle persone che
scegliamo di avere accanto o che incrociano le nostre strade e, se riusciamo, quello
per noi stessi. Da bambini allenati alla palestra dei sentimenti, amiamo,
sentiamo, tocchiamo, gioiamo, piangiamo, viviamo in un miscuglio di emozioni
che, crescendo, impariamo a gestire, controllare, incanalare e talvolta ad
eliminare. Esercizi di stile che ci rendono sempre più estranei al mondo
dell’affettività, del confronto con l’altro e del bisogno dell’altro.
Quotidianità che alimentano i nostri egoismi e le nostre solitudini.
Eppure siamo una
generazione che si mette costantemente alla prova di quella parola tanto temuta
quanto voluta: amore.
Perché, senza prendersi troppo in giro, l’amore è l’unico modo che
abbiamo per misurarci.
Perché, infondo, nessuno si
salva da solo.
Eppure siamo lì pronti a fuggire quando sentiamo il richiamo dell’altro,
quando la parola impegno si concretizza nelle storie che abbiamo, quando la
passione deve far posto a qualcosa di più duraturo, quando le parole cominciano
a dar voce a solitudini che vorremmo colmare, quando l’urgenza di voler
condividere lascia spazio alla paura di farlo sul serio.
Nel tessuto sociale in cui viviamo si restringe sempre più lo spazio
dell’affettività e della comunicazione emotiva, emerge l’incapacità di scrivere
nella trama della propria esistenza e della storia ciò che si sente nel proprio
intimo, che rimane dunque inespresso o male espresso, incomprensibile e
irrealizzabile.
Sono i nostri insuccessi sentimentali a parlare, la difficoltà ad
amare mantenendo intatto il proprio io, la mancanza di un senso che qualifichi
le nostre emozioni e i nostri affetti, l’incapacità di saper gestire le nostre
paure che ci impediscono il confronto diretto con la realtà dell’altro.
L’analfabetismo affettivo diventa il manifesto di una generazione, la
nostra, incapace di amare e lasciarsi amare. Cuori aridi, matrimoni che
falliscono, disamori non giustificati, rapporti indefiniti, storie non-storie, vite
superficiali,dipendenze affettive, sono
tutte facce di una stessa medaglia che raccontano il dramma di una generazione
non più abituata ad amare, a mettersi in gioco, a scavare nelle piaghe profonde
dell’io.
Sembra come se la crisi abbia investito anche i sentimenti: diventa
difficile trovare un posto fisso dentro il cuore delle persone e siamo sempre
più propensi a contratti a tempo determinato nelle nostre relazioni.
E allora che fare? Nessuno ha ricette pronte che possano assicurarci
risultati infallibili, dovremmo solo ricordarci che il nostro cuore è una molla
elastica, pronta ad allargarsi per accogliere e ad allungarsi per donarsi.
Ad amare si impara. E come tutte le cose che si imparano, l'amore ti frega: all'inizio è bellissimo, tutto riesce, ti senti un leone. Poi scopri che le cose non sono così facili come sembrava, e che ci vuole molta pazienza. E la pazienza non è di questa epoca.
RispondiEliminaper me la storiella della rosa del libro "il piccolo principe" dice tutto.
RispondiEliminaE anche MArco qua su ha capito.
Pazienza, questa sconosciuta.
Siamo cresciuti nell'era del "voglio tutto e lo voglio subito" ma le cose vere, le cose solide, le cose per cui vale la pena vivere vanno coltivate nel tempo.
Siamo cresciuti egoisticamente. Presi in primis da noi stessi e in secondo luogo da tutte le cose materiali di cui amiamo circondarci che hanno messo in ombra i sentimenti veri. In unepoca come questa non sapreinemmeno dare una definizione della parola amore o quantomeno sentirla e riconocerla, non potrei nemmeno dire di averla provata con sicurezza perché la priorità è sempre quella di salvare me stessa e non sentirmi o risultare vulnerabile.
RispondiEliminaC'è un cortocircuito nelle nostre connessioni sentimentali. Probabilmente dovuto all'incapacità di approcciarci agli altri per conoscerli e comprenderli e non solo per "usarli". Ci insegnano che non c'è mai tempo, che dobbiamo affrontare le emergenze e così finiamo per voler restringere quei tempi senza i quali certe esperienze non possono avere modo di concretizzarsi. Siamo analfabeti sentimentali prima di tutto perché non ammettiamo che c'è bisogno di tempo e sacrificio per imparare. Dove manca il tempo non c'è spazio che per il presente. Ed il presente non è fatto che di noi stessi. Pensiamo di farci del bene occupandoci di noi stessi, mentre continuiamo solo ad alimentare le nostre solitudini.
RispondiEliminaNon mi piace questo post. Avverto negatività...
RispondiEliminaNon devi.
Scacciala via!
forse è solo realismo...
Eliminanon c'entra nulla nulla col post, ma ho visto che "sul comodino :D " hai 1Q84...
RispondiEliminaio mi son piantata alle prime 20 pagine e poi ho cambiato libro, ma prima o poi dovrò riprenderlo... solo io fatico così tanto a leggerlo? Dimmi che andando avanti migliora, ti prego :D
non ti sono molto di conforto....io mi sono fermata, non mi prende granché, però devo assolutamente finirlo!
EliminaMi leggi nel pensiero? ;D
RispondiEliminaI vostri commenti sono tutte perle di riflessioni per me. Grazie!
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